CS – Utility scale volano per la ripresa economica, ma occorre autorizzare gli impianti
Gli impianti rinnovabili utility scale attirano ingenti investimenti in Italia, ma subiscono dinieghi autorizzativi. Governo e Regioni supportino gli investimenti nella green economy
In questo momento storico in cui l’Italia sta cercando di mitigare il rischio di una profonda crisi economica conseguente a quella sanitaria, ANIE Rinnovabili chiede con ancora maggiore forza l’attuazione di disposizioni in ambito autorizzativo necessarie a sbloccare gli investimenti di uno dei settori green più promettenti. Positiva la misura del superbonus del 110%, nel DL Rilancio, ma adesso occorre intervenire anche sugli iter autorizzativi nel DL Semplificazione.
Quello delle fonti rinnovabili non è solo un pilastro fondamentale della transizione energetica verso un’economia priva di emissioni di CO2, ma un volano per la rinascita economica del paese. Il settore delle fonti rinnovabili traina una molteplicità di filiere di produttori di componenti e di fornitori di servizi anche in ambito di infrastrutture energetiche, di sistemi di accumulo e di digitalizzazione.
Due sono le principali ragioni, sottolinea il Presidente di ANIE Rinnovabili, Alberto Pinori, che ci inducono a sostenere con convinzione la necessità di un intervento sui procedimenti autorizzativi: “in primo luogo la transizione energetica in atto, cui non possiamo sottrarci, ci impone per raggiungere gli obiettivi al 2030 almeno di triplicare la produzione da fotovoltaico incrementando la potenza installata di 30 GW, sfruttando il potenziale sia degli impianti a tetto sia di quelli a terra, di raddoppiare quella dell’eolico aumentando la potenza installata di 9 GW, incrementare la capacità dei sistemi di accumulo diversi dal pompaggio dagli attuali 0,5 GWh ai 39 GWh del 2030 ed il phase-out di 8 GW di centrali a carbone. In secondo luogo l’immediata disponibilità di aziende, sia nazionali che internazionali, che non riescono ad investire nel nostro paese a causa di impedimenti burocratici anche nei casi in cui, come per il fotovoltaico a terra, non vi sia la necessità di alcun supporto economico da parte dello Stato. Le mancate autorizzazioni compromettono gli investimenti programmati dal PNIEC ed in assenza di un cambio di rotta causerebbero una perdita di investimenti di circa 130 miliardi di euro per fonti rinnovabili, sistemi di accumulo ed infrastrutture nei prossimi 10 anni.”
Gli impianti utility scale rappresentano quindi un’importante occasione di rilancio, ma già prima del lockdown, il settore era fortemente frenato dalla burocrazia. “Chiediamo al Governo un supporto importante per continuare ad essere un paese attrattivo per gli investitori del settore ed un incisivo intervento volto a semplificare i procedimenti autorizzativi superando gli schemi e l’atteggiamento avverso alla green economy. Gli operatori di impianti utility scale, molto attenti al rispetto dei vincoli esistenti sulle aree, chiedono solo che, laddove tali vincoli non siano presenti, vengano concesse le autorizzazioni e non siano imposti veti aggiuntivi non ponderabili in fase di sviluppo” aggiunge Il Presidente di ANIE Rinnovabili. Fermo restando il principio di tutela del patrimonio storico, artistico e paesaggistico l’approccio ancora troppo conservativo del Ministero dei beni culturali può essere facilmente superato, nel rispetto dei vincoli, attraverso soluzioni da individuare in fase progettuale. Occorre superare i timori riguardanti gli impianti a terra così come negli anni ha fatto il Ministero dell’Ambiente. Gli impianti FER, infatti, hanno impatto zero sul territorio perché sono strutture completamente removibili ed hanno impatto positivo per l’assetto idrogeologico di tutta l’area circostante l’impianto.
Per lo sviluppo della filiera delle fonti rinnovabili occorre pertanto un atteggiamento coerente agli obiettivi da raggiungere: razionalizzare, semplificare e accelerare gli iter garantendo tempi certi. Il recepimento della direttiva delle fonti rinnovabili rappresenta un’opportunità da cogliere immediatamente, in quanto prevede procedure autorizzative di durata non superiore a due anni, a cui abbinare un unico format standardizzato per il rilascio delle autorizzazioni a livello nazionale, capace di equiparare i tempi, le modalità e le procedure.